Per un servizio, mi sono trovata a varcare la soglia del carcere femminile di Pontedecimo di Genova. In teatro, mentre gli amici " Coristi per caso" eseguivano il recital su Madre Teresa, la mia anima era commossa dalla presenza delle detenute, questo mi ha fatto particolarmente riflettere. La loro partecipazione, che non nascondeva i loro drammi: occhi di pianto, visi macilenti e tristi, è stata lodevole.Non facevano che ringraziare ed applaudire. Fuori programma, qualcuna ha persino cantato coinvolgendo le compagne. Prima di uscire ne ho avvicinate diverse, per tutte una parola affettuosa. Ad una mamma, che aveva con sè il proprio bambino di due anni, le mie parole di speranza sembravano lontane dalla sua realtà. Che male aveva fatto lui? Ho chiesto al Signore cosa avrei potuto fare di più e mi è venuto in mente quanto si legge nella vita di don Bosco, che quando andava nelle carceri, ne usciva sempre sconvolto. Allora la mia preghiera si è fatta più intensa nella convinzione che nelle strade di Dio non c'è posto per viaggiatori solitari, che per andare incontro a Lui è necessario mettersi al passo di coloro che soffrono.
lunedì 29 novembre 2004, 11.58.36 | SuorBernardina
Commento
Purtroppo quando si parla di carcere si tende sempre a dimenticare che all'interno ci sono uomini e donne che anche se hanno sbagliato hanno diritto ad essere "considerati".
Molte volte si confonde il carcere con una funzione punitiva mentre si dimentica la sua funzione essenziale che è quella riabilitativa.
Grazie per le tue belle parole, c'era bisogno di un blog così, da tanta serenità.
Simona e Davide